1° classificato
Silvestro De Simone di Terracina (Lt)
Ricordi
Nella penombra dei ricordi
il tramonto consuma
i suoi ultimi bagliori.
I ricordi, lievi come dolci
parole d’amore fuggite
dalla gabbia del cuore,
grevi come la grandine
che in primavera si abbatte
sui fiori rosa del pesco.
Parole della solitudine,
malinconici frammenti
del tempo che più non sarà,
chi era e non è più.
I miei giorni, mille gocce
di pioggia disperse dal vento.
La giovinezza, un fremito d’ali
nel profumo delle ginestre.
L’amore, lacrime di miele
sulla foglia di limone.
Fuori dai vetri scende la nebbia
sul giardino di rose appassite.
La notte chiuderà gli occhi
ormai stanchi di sognare.
2° classificata
Daniela Raimondi di Londra
Canto Latino
Conosci tutto quello che importa nel mondo:
tutti i nomi dei pesci, le correnti che portano a riva
e dove i venti vanno a morire.
Sfidi il destino giocando alle carte nel bar della piazza,
con il vino e il caffè,
imprecando contro tutti i partiti e le mosche insolenti.
Di donne ne hai avute una sola:
l’hai sposata che era quasi bambina.
Nella prima notte d’amore tu intrecciavi le dita
fra capelli che sapevano a sole, e a conchiglie.
Lei rideva
e i suoi occhi brillavano, accecandoti il cuore.
Dal suo corpo nacquero figli, latte tiepido e pianto
e ai tuoi figli insegnasti i segreti del mare,
il timore di Dio, e l’onore severo della povera gente.
Insegnasti a sfidare la morte, e ad amare la vita:
il sapore del pane appena sfornato.
I colori del mare
e la brezza leggera nelle notti di maggio.
Poi un giorno lascerai questo mondo
scivolando lontano, come i pesci nel mare.
I tuoi figli piangeranno in silenzio
guidando le barche nel buio e nel vento.
Ma in inverno canteranno il tuo nome ai bambini
ricucendo le reti nel porto,
aspettando di nuovo l’estate.
3° classificato
Simone Cialdi di Grosseto:
Malinconica e stordita
la pallida luna era salita in cielo
e stanca per il lungo viaggio
restava immobile sognando la notte,
poi, distrattamente,
i suoi raggi bianchi illuminarono la spiaggia
e sulla sabbia bagnate dal mare
scoprirono distese le tue gambe
e risalendo lungo i fianchi
sfiorarono poi il tuo viso e le tue labbra
mentre ancora tra i sogni
rimanevi altrove.
Fu così che la luna,
senza più indugiare,
si tuffò dalle nuvole del mondo
e felice, svanì nel buio.
Cosa fece negli abissi
è un suo segreto,
ma quando riemerse
piena di luce inondò il cielo di colori
ed una lieve brezza
mosse gentile i tuoi capelli,
a quel tocco
lentamente
si aprirono i tuoi occhi
e con un dolce sorriso
ti svegliasti insieme all’alba.
4° classificato
Marco Sandre di Gorgo al Monticano (Tv)
Monologo
Sorprendimi, luna.
L’uomo è malato.
Ritrovassi pure un compagno
lungo il sentiero offeso…
Ma troppa è la lontananza
e breve il presente
scavato nell’astuta voce
delle mie notti.
Fatto d’inganni il proseguire
che consuma nomi
nell’eterna solitudine.
Anche il vento cesserà.
E non potrò mai conoscere
un eco di lume:
la memoria è già qui…
5° classificato
Giancarlo Frainer di Gardolo (Tn)
Il confine
Se tendo le mani
il tuo corpo scompare
e nel silenzio scende
dove la speranza
non ha più uscite.
Sospesi i desideri
si spezza il recinto,
il confine provvisorio
dove, con l’ultima luce,
la penna batte, qui
dove fa male.
Chissà,
forse domani vedrò
una vela gonfiarsi,
aprirsi al mare
tesa, come foglia avida
a bere l’aria,
senza che niente
la separi dal vento.
6° classificato
Andrea Di Felice di Chieti
Nell’ultimo gioco
Quando la mia voce ha suonato
alla porta della sua (...era ottobre?) Lei
l’ha spalancata per l’abbraccio di parole.
Non ha preceduto di domande
la gioia di accogliermi
con tutti i sorrisi che aveva a portata degli occhi.
Quando ho cercato il suo ritorno
il buio occupava da ore il parcheggio
(era dicembre?...). Abbiamo poi festeggiato – un cioccolatino e un fiore rosso
dalle dita alle dita – la vittoria di quattro cifre
per le duemila pagine studiate. Lei era
troppo allegra per ritrarre la mano
dal calore di quelle dell’amico
dagli occhi troppo grandi e chiari
per non essere innocente…
Quando dalla mia strada ho guardato
dentro la sua finestra
Lei non si è nascosta
nella zona buia della stanza. Dalla presenza nuova
che per amore escludeva di amare
(era febbraio) Lei si è lasciata leggere
più pagine di quante sapesse
di avere già scritto
tra la fronte e le labbra. Riflesso
io la ricordo lettrice a sua volta
del libro aperto che l’appassionava.
Quando non ho suonato alla sua porta
(in primavera, in estate,...) Lei era convinta
di non dover aprire la sua casa
al chiasso al pianto alla carezza al pugno
dell’amico-bambino
in castigo – lui dagli occhi colore dell’aria – per avere sbagliato a giocare
nell’ultimo gioco.
7° classificato
Moreno Veronese di Bolzano
Nuovi sconosciuti
Pensare agli sguardi,
Ai modi e al sorriso.
È impensabile giungere
Al senso degli atti.
Ciò che curo si dissolverà
In meno di un ricordo.
Ciò che curo servirà
In meno di una farsa.
Eppure amo
In soli giardini o in locali affollati,
A volte giocare con gli stessi sguardi,
Con in mente nient’altro
Che assuefarmi, ridere,
Mentire e poi spostarmi.
8° classificato
Massimo Seriacopi di Firenze
Se sono il vento caldo di scirocco,
sarà su te che volgerò la rotta;
t’investirò sciogliendo il tuo respiro
brinato come un nordico arabesco
E non berrò sorgenti troppo fredde,
né bagnerò le carni in mari tiepidi
M’immergerò nei fanghi rilucenti
di cave di creta, rubati al tornio:
saranno scintillanti, incandescenti,
plasmati dalle mani d’un artista:
né più potrà fermarmi nessun muro
9° classificato
Antonio Favruzzo
Momenti di blu
Ho udito il bianco spumeggiare,
una brezza lieve sulle onde del mare,
come un lento anelito vago e breve.
Nel cielo, fumoso e grigio,
s’allontana nell’ombra
del bel sole il naufragio,
La deserta rada è ingombra
di luci cupe e delicate, come un’onda.
Piccoli sguardi sognati,
astri confusi e vagheggiati,
Nel colore notturno calante,
si perde l’occhio mio errante.
Ecco, la tenebra tacitamente affonda,
sembra che il mondo si nasconda
e mentre s’illumina una duna
vedo comparire la bianca luna.
Ho udito il mare spumeggiare,
ed una brezza lieve,
soltanto vaga e breve.
10° classificata
Adriana Scarpa di Treviso
La badia
Il sole si diverte sui colori
della vetrata gotica
risveglia dal letargo la lucertola
impiombata tra tessere di cielo.
Dopo l’intrico dei rami
dopo l’occhiuto silenzio/disvela
lo spazio quasi
un colore di pula ma i contadini
tutti svaniti nell’aria.
Afona si dibatte la cicala
tra il seccume; liquida
è solo la pupilla
e un grumo di resine che brilla.
Non mi hanno invetriata
così resto libera di andare
tra il liuto delle bifore
minima, colorata,
come un’innocua farfalla
o un arcangelo
sperduto.